CLELIA MERLONI, È LEI LA “DONNA DEL PERDONO”.

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Clelia Merloni, è Lei la “Donna del Perdono”.

“Donna del Perdono”, così è stata definita Madre Clelia Merloni, la Venerabile che oggi, 3 novembre 2018 nella Basilica romana di San Giovanni in Laterano, è proclamata Beata. Il miracolo attribuito all’intercessione di Madre Clelia e riconosciuto da papa Francesco il 26 gennaio 2018, consiste nella guarigione inspiegabile di un medico brasiliano avvenuta nel 1951 nello Stato di San Paolo (Brasile). Madre Clelia è la miglior rappresentazione di quello che significa saper mettere in pratica il Vangelo dell’amore e del perdono! L’unico desiderio che ha portato nel suo cuore è stato, infatti, quello di adoperarsi affinché il Cuore di Cristo fosse conosciuto e amato nel mondo.

Sette giorni prima della nascita dell’Italia unita, il 10 marzo, a Forlì nasce una bambina, subito battezzata con i nomi di Clelia Cleopatra Maria, figlia di Gioacchino Merloni e Maria Teresa Brandinelli. Forlì, in quegli anni, è la città più importante della Romagna, con 18 mila abitanti che diventano quasi 70 mila con i comuni del suo circondario. Vi si pratica soprattutto l’agricoltura, con molti mezzadri e piccoli proprietari terrieri; artigianato e una modesta industria manifatturiera completano il quadro sociale di una zona dove non mancano i poveri e i disoccupati. Fioriranno presto società operaie e artigiane di mutuo soccorso. Il papà della piccola Clelia Merloni, Gioacchino, fa l’operaio: lavora nella costruzione della ferrovia Ancona-Bologna, voluta dal Papa. Si spera che il treno porti nuove opportunità di lavoro e di progresso.

Un solo stipendio, ma vita dignitosa, serena, per la famiglia Merloni. Dura solo tre anni, perché il 2 luglio 1864 muore la mamma Maria Teresa, lasciando Clelia orfana. Gioacchino, esaurite le lacrime, l’affida alla nonna materna. Dopo qualche tempo, decide di cambiare mestiere, cercandone uno più redditizio. Lo troverà a Sanremo, in Liguria, dove sta fiorendo il turismo e si stanno costruendo alberghi, ristoranti e altre strutture ricettive, con relativi nuovi, interessanti posti di lavoro.

Un luogo ricco di opportunità, insomma. Gioacchino Merloni vi si sistema bene e chiama presto la figlia a raggiungerlo. Riviera ligure, dunque, invece della campagna romagnola. Un cambiamento che si fa radicale quando la piccola Clelia si ritrova in casa una nuova mamma, cioè una matrigna. Il papà, infatti, sposa in seconde nozze Maria Giovanna Boeri di Voltri, che sarà davvero una madre per l’orfana, circondandola d’amore, standole sempre vicina, educandola con passione. Da brava cristiana – insieme alla nonna – la guida alla conoscenza e all’amicizia di Dio e all’amor del prossimo. Le indica anche la via scomoda della mortificazione e del sacrificio, in una casa dove non manca nulla e la bambina potrebbe correre il rischio di sentirsi una principessa. Riceve la cresima il 23 giugno 1872, undicenne, nella basilica di San Siro per le mani del vescovo di Ventimiglia monsignor Lorenzo Biale.

Gioacchino vuole che la figlia studi il francese, l’inglese e il pianoforte: arriva un apposito maestro di musica per lezioni private. Seguono anni di studio e di buone maniere: Clelia diviene poco alla volta una perfetta ragazza della ricca borghesia cittadina: bella, elegante, gentile, sorridente, secondo il disegno paterno. Gioacchino la circonda di attenzioni e organizza per lei feste su feste, viaggi, incontri. Progetta per la figlia un matrimonio eccellente con qualche rampollo di buona famiglia e cospicuo patrimonio. Clelia non si mostra interessata a un simile futuro, si sente attratta dalla vita di preghiera; prega molto per la conversione dei peccatori, dei quali il primo è il suo papà che è diventato massone.

La giovane Clelia nel 1884 entra nella Congregazione delle figlie di Nostra Signora della Neve in Savona e le viene cambiato il nome in Suor Albina. A causa di un terremoto che ha distrutto il convento e per problemi di salute lascia la Congregazione e rientra in famiglia. Nel mese di agosto del 1888 apre a Nervi (Genova) un orfanotrofio per bambine povere, ma dopo poco tempo è costretta a chiuderlo. Non desiste del sogno di consacrarsi totalmente a Dio e nell’agosto del 1892 entra nella Congregazione delle figlie di Santa Maria della Provvidenza a Como, ricevuta personalmente dal Beato Luigi Guanella. Lì si ammala gravemente di tubercolosi e guarisce miracolosamente dopo una novena fatta dalle orfanelle all’Immacolato Cuore di Maria. Durante la malattia ha avuto l’ispirazione di fondare un Istituto dedicato al Sacro Cuore di Gesù, pertanto lascia la Congregazione di don Guanella insieme con Elisa Pederzini e Teresita d’Ingenheim e parte per Viareggio.

Il 30 maggio 1894 nella Chiesa di San Francesco d’Assisi a Viareggio dà vita alla sua opera e inizia la sua missione di diffondere l’amore del Sacro Cuore accogliendo le orfanelle, le donne anziane povere e abbandonate, le ragazze povere che hanno bisogno di formazione e di imparare un mestiere per vivere dignitosamente. Inizia una scuola per i bambini, una scuola di cucito per le donne, insegna pianoforte e catechesi. Nel suo cuore occupa il primo posto la diffusione della devozione al Sacro Cuore di Gesù, le opere di misericordia spirituali e corporali e la formazione delle Suore. Tratta tutti con rispetto, dolcezza e amore. Subito, nei primi anni di fondazione, l’Istituto soffre un disastro finanziario che mette a rischio la missione della comunità nascente. La Madre e le Suore sono costrette a chiedere l’elemosina per poter continuare la missione iniziata. Nel 1899 le Suore incontrano il vescovo Giovanni Battista Scalabrini che le aiuta a risollevare la Congregazione. Subito, nel 1900, partono le prime Apostole per le Americhe; si dà inizio alla dimensione missionaria dell’Istituto con l’invio delle Suore in Brasile e nel 1902 negli Stati Uniti per lavorare nell’assistenza degli immigrati italiani.

Nel 1903 iniziano le calunnie nei confronti della Madre Fondatrice che attentano alla sua autorità e stima, tanto che non viene più consultata per le questioni dell’Istituto. Nel 1905 muore il Vescovo Mons. Scalabrini e la casa generalizia viene trasferita da Piacenza ad Alessandria. L’Istituto è sottoposto a tre visite Apostoliche e in nessuna delle tre visite la Madre è ascoltata dai Visitatori. Alla fine della terza visita Madre Clelia è allontanata definitivamente dalla guida della Congregazione. Nel 1913 le Apostole cambiano il nome in Missionarie Zelatrici, vengono modificate le Costituzioni e trasferita la sede a Roma. Nell’aprile del 1916 Madre Clelia chiede la dispensa dei voti, lascia la Congregazione e si ritira a Genova; inizia così un lungo periodo di esilio. Cambia residenza per diverse volte percorrendo una vera Via crucis sull’esempio del Maestro. Da Genova va a Torino, da Torino a Roccagiovine, e, invitata da don Di Gennaro, si sposta a Marcellina. Nel 1928 viene chiamata a rientrare nell’Istituto per l’approvazione pontificia delle Costituzioni. Anziana e malata, accetta di ritornare purché l’Istituto vada avanti nella propagazione dell’amore del Sacro Cuore di Gesù in chi ha consacrato tutta la sua esistenza. Ha saputo sempre perdonare e non si è mai ribellata contro le persone che l’hanno calunniata. Muore in Casa Generalizia a Roma il 21 novembre 1930.

L’Istituto delle Apostole del Sacro Cuore di Gesù, grazie alla sua offerta di “diventare chicco di grano che muore per donare vita”, si è diffuso. Attualmente la Congregazione svolge la sua missione in 15 nazioni del mondo e le figlie di Madre Clelia, quali Apostole come gli Apostoli, spendono la loro vita nel portare a tutto il mondo la tenerezza e l’amore del Cuore di Cristo che accoglie e perdona sempre. Come Apostole della Riparazione cercano di riscattare e promuovere la dignità umana ferita dal peccato e dalla povertà morale e materiale.

Fonte: Karamelle News