Un nuovo santo e 110 beati. Un’italiana sugli altari
Il sacerdozio vissuto nel servizio tra la gente e per la gente, la scelta religiosa spesa in primis nell’educazione delle ragazze, l’offerta di sé fino all’effusione del sangue, la fedeltà al Vangelo testimoniata giorno dopo giorno sul posto di lavoro. Ancora una volta la Chiesa si rinnova, per così dire, con la fantasia dello Spirito, per offrire alla venerazione dei fedeli, volti, storie, percorsi tra di loro differenti. Esistenze in apparenza lontanissime ma in realtà vicine, legate dal filo rosso della preghiera e dell’amore di Dio, che si traduce nell’attenzione ai fratelli. Specie i più poveri e bisognosi.
Mercoledì scorso, ricevendo il cardinale Angelo Amato prefetto della Congregazione delle cause dei santi, il Papa ha dato il via libera alla promulgazione dei decreti che porteranno a un nuovo santo e a 110 beati, questi ultimi tutti martiri della guerra civile spagnola, tranne madre Leopoldina Naudet, religiosa italiana ma dal “respiro” europeo, fondatrice dell’Istituto delle Sorelle della Sacra Famiglia. Il prossimo santo viene però dalla Spagna. Si tratta del beato Faustino Miguez, sacerdote professo dell’Ordine degli Scolopi (Chierici Regolari Poveri della Madre di Dio delle Scuole Pie) cui si deve la nascita del Pio Istituto Calasanziano. Apprez- zato confessore e grande educatore, oltreché profondo conoscitore della chimica e delle proprietà medicamentose delle piante, di sé diceva: «Come scolopio sono del popolo e per il popolo, consacrato alla sua formazione». Morì novantatreenne, nel 1925.
La schiera più ampia dei nuovi beati va invece cercata ancora una volta tra le vittime della guerra civile spagnola. È stato infatti riconosciuta l’uccisione “in odio alla fede” tra il 1936 e il 1937, di Matteo Casals, sacerdote professo, Teofilo Casajús, scolastico professo, Ferdinando Saperas, fratello professo e altri 106 compagni, della Congregazione dei Missionari Figli dell’Immacolato Cuore della Beata Vergine Maria. Tutti assassinati in quanto cristiani, cioè martiri, condizione che non vincola la beatificazione al riconoscimento di un miracolo ottenuto per intercessione del candidato agli altari. Requisito invece rispettato (come per il nuovo santo) per Leopoldina Naudet (di cui parliamo più diffusamente nell’articolo pubblicato qui sotto) nata a Firenze nel 1773 e morta a Verona nel 1834 e la cui vita religiosa fu messa soprattutto al servizio della formazione delle ragazze di buona famiglia. Santo e beati a parte, l’elenco dei decreti autorizzati dal Papa riguarda anche cinque nuovi “venerabili”, cioè “servi di Dio” di cui sono state riconosciute le virtù eroiche.
Tra loro, due italiani: Lorenzo dello Spirito Santo (al secolo Egidio Marcelli) e Clelia Merloni. Il primo, di origini contadine, nato nel Viterbese nel 1874, per molti anni svolse la missione di questuante come fratello laico “passionista” per poi essere inviato in Brasile all’apertura della prima casa dell’Ordine. Tornato in Italia a causa della tubercolosi, guarì e riprese il vecchio incarico, vissuto sempre in modo sorridente e gioviale, prima di trovare la morte il 14 ottobre 1953. Era invece figlia di un ricco industriale, Clelia Merloni, cui si deve la fondazione delle Apostole del Sacro Cuore di Gesù, istituto ispirato alla missione di santa Margherita Maria Alacoque: far conoscere e amare il Cuore di Gesù. Nata inizialmente a Viareggio, ma presto diffusasi anche fuori, la Congregazione dopo alcuni rovesci economici fu rilanciata grazie al vescovo di Piacenza, Giovanni Battista Scalabrini, che mise la vocazione delle apostole al servizio delle missioni degli Italiani all’estero, soprattutto negli Usa e in America Latina.
Madre Clelia Merloni morì a Roma il 21 novembre 1930, a 69 anni. A completare l’elenco dei neo venerabili, il sacerdote diocesano Giovanni Battista Fouque nato il 12 settembre 1851 e morto il 5 dicembre 1926, mentre nacque vicino a Cordova, in Spagna, il 2 gennaio 1814 Raffaella Maria del Sacro Cuore (Rafaela Porras y Aillón) fondatrice delle Missionarie dei Sacri Cuori di Gesù e Maria che troverà la morte a Roma il 6 gennaio 1925. Molto significativa anche la testimonianza di Isidoro Zorzano Ledesma, laico della prelatura personale della Santa Croce e dell’Opus Dei. Nato in Argentina dove i suoi si erano trasferiti per lavoro, visse in pratica sempre in Spagna. Ex compagno di liceo di san Josemaría Escrivá de Balaguer, come ingegnere di grande prestigio e come professore scelse la santificazione nel mondo, attraverso la testimonianza quotidiana. Malgrado la guerra civile, aiutò il fondatore a porre le basi dell’Opus Dei di cui fu tra i primi fedeli. Morì dopo una lunga malattia a Madrid il 15 luglio 1943, a 40 anni.
Fonte: Avvenire