Vita, opera e spiritualità di Madre Clelia Merloni

Fiducia incondizionata nell’amore di Dio

La fiducia incondizionata nell’amore provvidente di Dio è la forza più grande nascosta nel cuore dei santi, che, pur nelle loro fragilità, riescono a farsi bambini pronti a gettarsi tra le braccia del Padre. Quando la Beata Clelia fu travolta, a soli quattro anni dalla fondazione dell’Istituto, dalla valanga di calunnie e di debiti legati al crollo finanziario, il frate francescano Serafino Bigongiari che l’aveva aiutata a compiere i primi passi per la nascita della congregazione a Viareggio, non poté che lasciarsi andare a un cupo pessimismo. Il 14 marzo 1899 scriveva così all’arcivescovo di Lucca: “Dietro l’ingente dissesto finanziario subito dall’Istituto medesimo, non so dove basare le mie speranze. E vorrei essere cattivo profeta ma per me cotesto Istituto ha finito”, aggiungendo “la fondatrice mi rispondeva che non dessi ascolto alle voci sinistre […]: ‘Ella teme, ma per me il pensiero meno inquietante è il temporale, il Sacro Cuore provvederà’”. E, in effetti, a distanza di più di un secolo, possiamo dire che p. Serafino fu cattivo profeta, mentre il Sacro Cuore non mancò di provvedere ai bisogni della sua figlia amata.

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Luce sulla croce dell’esilio

Quando la sorte trascinò Madre Clelia nel paesino di Roccagiovine, il suo esilio entrò in una fase nuova di carità e spoliazione interiore. Le poche suore che la accompagnavano forse non furono pienamente consapevoli del principio di vita nascosto dietro la croce che si sentivano costrette a portare. Di quegli anni sono rimasti diversi racconti suggestivi della gente del posto e qualche immaginetta ricevuta in dono dai bambini dell’epoca. “Preghi Maria per me infelice”: così recita una scritta apposta su un santino merlettato del Cuore Immacolato di Maria donato alla bimba Anita Facioni. La grafia, diversa da quella di Madre Clelia, lascia pensare che la frase sia stata scritta da una delle sue Figlie in esilio. Pur nello scenario di sofferenza che essa proietta nella nostra mente, non possiamo non cogliere una scintilla di luce, quel pregare gli uni per gli altri che è il punto di appoggio imprescindibile della nostra fede e che la Beata ebbe a cuore più che mai nella sua vita, tanto da scrivere in una delle sue lettere: “La Comunione dei Santi ci assicura dei potenti protettori nel Cielo e dei fratelli sulla terra”.

La profezia che conforta e rafforza

Con il battesimo il cristiano riceve, attraverso lo Spirito Santo, non solo il dono della regalità di Cristo, che lo eleva alla dignità di figlio di Dio, ma anche quello del sacerdozio e della profezia.
Basandosi sulla consapevolezza di essere innanzitutto consacrata a Dio, al suo onore e al suo culto, la Beata Clelia cercò di far risplendere ognuno di questi carismi. In particolare, il dono della profezia, che risiede primariamente nella capacità di leggere il piano di Dio nelle pieghe dell’esistenza, ebbe spesso in lei la veste della capacità soprannaturale di predizione dei fatti futuri. Le testimonianze a tal riguardo sono molteplici. Ne ricordiamo una in particolare. Sr. Rufina Crippa racconta che Madre Clelia, da un anno tornata nella Casa di Roma dopo il lungo esilio, volle un giorno incontrare le novizie giunte da Alessandria. Tra di esse vi era Sr. Pia Tonin che era molto preoccupata per un fratello che si trovava in America e che da parecchi anni non dava notizie di sé. Entrata nella stanza della Beata, senza chiedere nulla, si sentì dire: “Stai tranquilla, che tuo fratello vive e presto scriverà”. Sr. Rufina conclude così il suo racconto: “La meraviglia fu grande e ci confermammo nell’opinione che la Madre Fondatrice era una santa quando, tornate ad Alessandria, Sr. Pia ricevette veramente uno scritto del fratello che la rassicurava”.