Vita, opera e spiritualità di Madre Clelia Merloni

Il Fiat divino: l’inizio del cammino verso la beatificazione

Sul finire degli anni Sessanta le Apostole del Sacro Cuore di Gesù condividevano ormai un unico desiderio profondo, quello di riuscire finalmente a compiere il passo decisivo per l’avvio del processo di beatificazione dell’amata Fondatrice. Eppure gli ostacoli di ogni genere che continuavano a frapporsi non facevano che instillare un dubbio logorante, e cioè che l’obiettivo potesse non rispondere alla volontà di Dio. In quei continui “se” che la storia sembrava tracciare nel cammino tortuoso dell’Istituto si stava tuttavia aprendo il varco di un magnifico “sì”, un “fiat” che avrebbe spalancato le porte della grazia. Negli appunti di Sr. Redenta Libutti, una delle suore che in quel periodo maggiormente si adoprarono per la causa, ne troviamo delle tracce significative. Fu infatti rivolta l’esplicita domanda a due importanti mistici dell’epoca, il salesiano don Giuseppe Tomaselli – grande guaritore e grande esorcista – e Padre Pio, i quali confermarono di aver percepito nel loro cuore un vero e proprio pronunciamento divino: “Sì, è mia volontà, cerca di fare tutto il possibile”.

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Luce sulla croce dell’esilio

Quando la sorte trascinò Madre Clelia nel paesino di Roccagiovine, il suo esilio entrò in una fase nuova di carità e spoliazione interiore. Le poche suore che la accompagnavano forse non furono pienamente consapevoli del principio di vita nascosto dietro la croce che si sentivano costrette a portare. Di quegli anni sono rimasti diversi racconti suggestivi della gente del posto e qualche immaginetta ricevuta in dono dai bambini dell’epoca. “Preghi Maria per me infelice”: così recita una scritta apposta su un santino merlettato del Cuore Immacolato di Maria donato alla bimba Anita Facioni. La grafia, diversa da quella di Madre Clelia, lascia pensare che la frase sia stata scritta da una delle sue Figlie in esilio. Pur nello scenario di sofferenza che essa proietta nella nostra mente, non possiamo non cogliere una scintilla di luce, quel pregare gli uni per gli altri che è il punto di appoggio imprescindibile della nostra fede e che la Beata ebbe a cuore più che mai nella sua vita, tanto da scrivere in una delle sue lettere: “La Comunione dei Santi ci assicura dei potenti protettori nel Cielo e dei fratelli sulla terra”.

La profezia che conforta e rafforza

Con il battesimo il cristiano riceve, attraverso lo Spirito Santo, non solo il dono della regalità di Cristo, che lo eleva alla dignità di figlio di Dio, ma anche quello del sacerdozio e della profezia.
Basandosi sulla consapevolezza di essere innanzitutto consacrata a Dio, al suo onore e al suo culto, la Beata Clelia cercò di far risplendere ognuno di questi carismi. In particolare, il dono della profezia, che risiede primariamente nella capacità di leggere il piano di Dio nelle pieghe dell’esistenza, ebbe spesso in lei la veste della capacità soprannaturale di predizione dei fatti futuri. Le testimonianze a tal riguardo sono molteplici. Ne ricordiamo una in particolare. Sr. Rufina Crippa racconta che Madre Clelia, da un anno tornata nella Casa di Roma dopo il lungo esilio, volle un giorno incontrare le novizie giunte da Alessandria. Tra di esse vi era Sr. Pia Tonin che era molto preoccupata per un fratello che si trovava in America e che da parecchi anni non dava notizie di sé. Entrata nella stanza della Beata, senza chiedere nulla, si sentì dire: “Stai tranquilla, che tuo fratello vive e presto scriverà”. Sr. Rufina conclude così il suo racconto: “La meraviglia fu grande e ci confermammo nell’opinione che la Madre Fondatrice era una santa quando, tornate ad Alessandria, Sr. Pia ricevette veramente uno scritto del fratello che la rassicurava”.